In questi due giorni di discussione attorno al processo istituente di CRAAAZI vogliamo fare i conti con le contraddizioni e le censure, le visioni e le passioni, attorno a tre temi che abbiamo individuato come cruciali per la costruzione di un’autonomia della ricerca transfemministaqueer.
La discussione avrà una modalità strutturata ma circolare, con alcuni interventi definiti ma che inneschino una discussione orizzontale e partecipata intorno alle nostre unsafe words. Ci interessano riflessioni su teorie, esempi, esperienze di per/versione del valore e di (ri)produzione e cura del valore queer in vari ambiti: nell’accademia, nell’arte, nelle pratiche di gruppi e movimenti vicini e lontani.
Saperi, riproduzione, sostenibilità, riappropriazione di valore, autonomia, memoria, organizzazione: parole poco sicure, che ci mettono a rischio e ci seducono. Parole che sottendono tanto alla creazione quanto alla sottrazione del valore queer. La ricerca è per noi un bisogno, ma per molte di noi si realizza in condizioni di solitudine e sfruttamento. Come soggettività queer partiamo dalla consapevolezza della pericolosità e ambivalenza degli affetti e del desiderio. Se potrà darsi un valore queer, generato e condiviso in autonomia, giocato contro le forme di normalizzazione e mercificazione, non potrà che essere perverso.
Sabato 22 settembre
Dalle ore 10.00 alle 13.00
1) Lavoro di (ri)produzione|lavoro del genere
A distanza di quarant’anni dall’esperienza di Wages for Housework e dei Comitati per il salario al lavoro domestico, nell’era del lavoro gratuito e della gig economy, le mobilitazioni globali femministe stanno rimettendo al centro la riflessione e le pratiche sul lavoro di riproduzione, consapevoli che si tratti da sempre di un lavoro precario, sommerso, disconosciuto e invisibile, ma estremamente produttivo.
Ma cos’è che (ri)produce esattamente il lavoro oggi e cos’è che vogliamo smettere di (ri)produrre?
Per provare a rispondere a queste domande da un milione di euro cadauna – che ci piacerebbe incassare al più presto -, sono necessarie una ricognizione e una sistematizzazione delle categorie che attualmente definiscono i comportamenti e il funzionamento della riproduzione sociale: quali sono e dove stanno le differenze tra lavoro sessuale, lavoro affettivo e cognitivo, lavoro domestico e di cura e lavoro del genere? Pensiamo infatti che se vi è una mossa del cavallo nel gioco della produzione e della riproduzione, possiamo trovarla ricombinando la prospettiva femminista marxista sulla centralità del “lavoro d’amore” nei processi di accumulazione capitalistica e la prospettiva transfemministaqueer sul genere come lavoro: ci sono genealogie oscurate o trascurate, intraviste o impreviste, che possono condurci per mano verso strategie transnazionali e intersezionali per il reddito di autodeterminazione e lo sciopero dei e dai generi. Come liberarsi dal lavoro di genere attraverso la produzione perversa e piacevole del genere stesso? Non è in fondo lo stesso dilemma della classe operaia che si identifica con il lavoro? Quali pratiche di sottrazione possiamo immaginare per liberare la riproduzione dall’eterosessualità obbligatoria e dalle trappole delle comunità terribili?
Abbiamo bisogno di rafforzare i posizionamenti (trans)femministi materialisti, perché abbiamo bisogno di allargare le resistenze e le alleanze, ritrovando le continuità e i nessi perduti, restituendo corporeità alle soggettività messe al lavoro e valorizzate, troppo a lungo metaforizzate o sub-ordinate, tra dibattiti sulla femminilizzazione e la spasmodica ricerca maschile di tendenze e nuovi soggetti unici rivoluzionari ad ogni increspatura capitalistica.
Dalle ore 14.30 alle 17.00
2) archivio: repertori di pratiche|oggetti per fare le storie delle lotte tfq mentre stanno avvenendo
Come si può conservare senza accumulare? Come prenderci cura della nostra storia senza musealizzare i materiali? Come archiviare gesti, affetti, corpi, il tempo presente? Vorremmo pensare all’archivio come a un repertorio, come zona di contatto e spazio di condivisione, per fare i conti con il rischio della memorializzazione, della nostalgia, della pretesa di originalità, di autori(ali)tà sulla storia vera, di coerenza dei frammenti. Per sfuggire alla cattura e all’estrazione senza auto-distruggerci, ci interessa imparare e stimolare processi di autoarchiviazione utili alle lotte transfemministequeer. In questo processo si incrociano diverse temporalità: oltre al passato, ci interessa in particolare il presente, sia nel senso di mappatura in tempo reale, sia nel senso di prenderci il tempo presente, che costantemente ci viene rubato. Abbiamo cominciato a costruire il nostro archivio prima dello sgombero di Atlantide, ora, #ovunque, riapriamo cassetti e cantine e folders, per far circolare strumenti di narrazione e pratiche da riperformare.
Domenica 23 settembre
Dalle ore 10.00 alle 13.00
3) denaro|oltre il lavoro gratuito: costruiamo un repertorio di pratiche per rendere sostenibile la cura e la riproduzione delle soggettività e dei saperi tfq|indisciplinati
Una analisi della circolazione e dei discorsi sul denaro è indubbiamente necessaria per capire quali forme di valorizzazione sono possibili per rendere sostenibile il progetto di un centro di ricerca e archivio autonomo transfemministaqueer. Tuttavia, per noi la vera domanda è: come prendere i soldi? Attraverso quali pratiche un progetto come il nostro può raggiungere la sostenibilità economica non basandosi sull’autosfruttamento e il lavoro gratuito? Come mantenere un’autonomia decisionale e progettuale nel rapporto con le istituzioni accreditate e gli eventuali finanziatori, pubblici o privati? Come la ricerca della sostenibilità economica condiziona sia l’organizzazione interna sia le attività? E’ precisamente in questa direzione che in primo luogo vorremmo intercettare esperienze pratiche che, in contesti diversi,hanno trovato forme di retribuzione per il lavoro gratuito immateriale, come quello che serve anche a produrre i saperi transfemministiqueer. Ci interessa comprendere insieme in quali modi possiamo contrastare la neutralizzazione dei saperi che i processi di istituzionalizzazione (anche ‘dal basso’) spesso comportano e contemporaneamente riuscire a (ri)produrre un circuito valoriale diverso da quello neoliberale. Quali meccanismi (tecnici e tecnologici) possiamo inventarci per ricatturare il plusvalore che produciamo? In questa sede quindi non vogliamo discutere di monete alternative o della moneta del comune ma di come a partire dalle condizioni in cui ci troviamo possiamo immaginare e mettere in atto pratiche legate alla circolazione attuale del denaro che abbiano una valenza politica e che sostengano la produzione di valore tfq. Se mai saremo retribuite come sexy workers, dove ce li spendiamo i queer coins?
22-23 Settembre 2018 @ Baumhaus network, Via Sebastiano Serlio, 25/2, Bologna