Come circolano in maniera transnazionale i saperi tfq e che tipo di valore produce questa circolazione? Vogliamo pensare alle politiche della traduzione come strumento per abitare criticamente i circuiti della circolazione delle idee. Di fronte alla messa a valore di parole e elementi linguistici che provengono dai movimenti tfq e che sono però svuotati e fatti circolare in quel sistema che è stato chiamato di capitalismo cognitivo, c’è bisogno di una politica della traduzione che sia critica, autonoma e decoloniale. Abbiamo bisogno di strumenti per contrastare l’importazione passiva di termini, soprattutto circolanti in una sfera deterritorializzata di “inglese globale”, che vengono poi adattati nei contesti e linguaggi queer locali senza una specifica riflessione sulle modalità e opportunità situate di questo adattamento. È anche in questo modo che si ricostruiscono relazioni coloniali fra il queer anglofono e le esperienze e le teorie di gruppi locali. L’adattamento e l’importazione di termini e concetti provenienti da altri contesti, fondamentale per ogni produzione di sapere e alla base di qualsiasi cambiamento culturale, produce forme di soggettivazione individuale e collettiva che vanno analizzate criticamente.
Una politica della traduzione tfq dovrebbe anche servire a confrontarsi con le politiche di traduzione della editoria italiana che non sempre ha intercettato i testi e gli autori possibilmente utili al contesto locale o che li ha tradotti con moltissimo ritardo. Il lavoro del traduttore è stato storicamente un lavoro femminilizzato, invisibilizzato in quanto considerato come frutto di un interesse o passione, come un lavoro culturale derivativo e “di servizio” rispetto a quello dell’autore. Una politica tfq sul lavoro di chi traduce mira a visibilizzare la traduzione come momento di produzione di nuovi significati che va oltre il dogma della fedeltà assoluta all’originale (la fedeltà non è un concetto che ci piace!), un momento di creazione di valore queer e in quanto tale meritevole di retribuzione. Le pratiche per avere un impatto su questa situazione possono essere molteplici, CRAAAZI ne ha individuate alcune: tradurre dall’italiano in altre lingue, sopratutto in lingue che hanno meno visibilità e potere di circolazione. Tradurre da queste lingue in Italiano. Complicare e sabotare la relazione tra traduzione e accreditamento: non traduciamo per farci raccontare da altr* o per convalidare l’internità di singole firme al movimento. Consapevoli di collocarci in un’economia delle passioni, non vogliamo però tradurre per sostenere con il nostro lavoro gratuito l’altrui competitività nel mercato editoriale. Traduciamo per creare strumenti di godimento, cura, riproduzione e circolazione di critica da margine a margine.
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